Arte, Londra, mostre, Parigi:
Ryan Gander non si accontenta di stupire, scioccare o far riflettere il visitatore, ma punta a costruire con lui un rapporto impegnativo, complesso, esigente. Tra autore e spettatore s’innesca una sfida sottoforma di gioco. Le sue opere sono, infatti, delle accattivanti trappole visive e concettuali che spingono entrambi in un nuovo campo d’azione dove le regole e le convenzioni vengono ridiscusse in continuazione.
La mostra “Make every show like it is your last show” ospitata al Frac Ile-de-France – Le Plateau, a Parigi è la prima personale dell’artista britannico in Francia. Curata da Xavier Franceschi, mette insieme una serie di opere inedite: dei ripari di fortuna per i figli dell’artista stesso diventati statue di marmo, un parallelepipedo dalle funzioni imprecisate presentato in una zona d’ombra dello spazio espositivo, e due occhi incollati alle pareti che reagiscono ai movimenti dei visitatori. Tuttavia il progetto che interpella direttamente il pubblico è la presentazione di una fittizia campagna pubblicitaria organizzata dal Ministero della Salute inglese che dovrebbe stimolare l’immaginazione dei cittadini per un “futuro migliore”.
Ryan Gander (1976) utilizza spesso la propria biografia non tanto per creare degli autoritratti narcisistici, ma per dar vita a delle narrazioni anticonvenzionali attaverso sculture, installazioni, film, libri, performance che contengono sempre un enigma o un mistero da risolvere. La sua è un’opera aperta, volutamente incompleta e quindi imperfetta come il suo puzzle di 1.800 pezzi non ultimato e racchiuso in un quadrato di plexiglass appeso al muro, dal titolo indicativo e benaugurante “Let’s make this happen”.
Ryan Gander – “Make every show like it is your last show”
19 settembre – 17 novembre 2013
Frac Ile-de-France – Le Plateau, Parigi
